Puppeteer: Dietro le quinte di questa strana e folle avventura per PS3

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Puppeteer: Dietro le quinte di questa strana e folle avventura per PS3

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Lo scorso mese, l’annuncio di Puppeteer al Gamescom ha portato una ventata d’aria fresca: un nuovo gioco di proprietà intellettuale brillante e audace per PlayStation che promette un divertimento su piattaforma dai colori vivaci, con qualche dettaglio gradevolmente tetro. La settimana scorsa, a distanza di un paio di mesi, PlayStation Blog ha avuto l’opportunità di mettere mano a un controller e provare il gioco per scoprire se offre davvero quanto promette.

Ai piani alti del Sony Japan Studio nel Tokyo HQ, l’ideatore del gioco, Gavin Moore, ci ha illustrato passo passo il capitolo iniziale del gioco, in cui un giovane sventurato di nome Kutaro è schiavo del cattivissimo Moon Bear King e viene trasformato in una marionetta. Però fate attenzione perché non si tratta della solita favola spensierata in stile Pinocchio, ossia l’eroe coraggioso che si imbarca in un’allegra missione per conquistare, o riconquistare, la forma umana. È una storia molto diversa: nelle prime immagini di Puppeteer, l’antagonista stacca brutalmente la testa al povero Kutaro e senza tanti complimenti getta il suo corpo in uno scantinato buio e umido.

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Qui inizia l’avventura del giocatore che, guidato da un lugubre gatto di pezza, Ying Yang, rivestirà i panni di Kutaro e andrà in cerca di una nuova testa; potrà trovarne a centinaia, di tutti i tipi, ognuna con abilità o attributi diversi.

Nella parte che ho potuto provare, Kutaro iniziava titubante a muovere i primi passi nel pericoloso mondo di gioco, alternando la maschera di un ragno a un… beh, un cheeseburger. Il ragno attirava le tarantole facendole uscire allo scoperto e rivelando delle zone segrete, mentre il cheeseburger trasformava delle pagnotte giganti in reti elastiche per aiutare il nostro eroe nell’impresa.

I meccanismi di piattaforma mi sono sembrati assolutamente perfetti (senza fare paragoni con LittleBigPlanet che è su un livello del tutto diverso) e le prime zone sono state divertentissime da esplorare, ma quello che ho apprezzato di più è l’atmosfera tetra e misteriosa del mondo di gioco.

La scenografia scura consente di dare sfogo alla fantasia, proprio come i film che amavo da ragazzino. Pensate a Labyrinth, The Dark Crystal e Nightmare Before Christmas e capirete che cosa intendo. È il tipo di ambientazione che a 12 anni mi avrebbe fatto impazzire ed è fantastico vedere un titolo mirato alla famiglia capace di esplorare territori così spettrali e sofisticati.

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La settimana prossima pubblicherò un altro articolo per descrivere i meccanismi del gioco, ma per oggi vorrei concentrarmi sulla creazione dell’atmosfera affascinante di Puppeteer e spiegare perché il suo ideatore ha scelto un approccio così audace, quindi passo la parola a Gavin Moore…

Come è nato il progetto Puppeteer?

Gavin Moore: Ho un bambino di otto anni e stavo cercando qualcosa per giocare insieme, ma oggigiorno i giochi così non si trovano più. Quindi ho deciso, molto egoisticamente, di creare un gioco che avrebbe potuto appassionare entrambi.

Quando giocavamo insieme, mio figlio si annoiava velocemente a fare la stessa cosa negli stessi ambienti. Quindi riponeva il controller e se ne andava fuori a giocare. Mi sono chiesto che cosa fare per tenerlo seduto e passare del tempo insieme a condividere il mio hobby. Sapevo di dover creare qualcosa di vivace e mutevole, dalla grafica interessante, così non avrebbe messo via il controller perché avrebbe voluto scoprire quali altre sorprese gli riservasse il gioco.

Puppeteer è nato così ed è per questo che la scenografia cambia ogni cinque minuti, per proporre al giocatore situazioni insolite e personaggi diversi.

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Perché ha scelto di ambientarlo in un teatrino di marionette?

Beh, ero andato a uno spettacolo di marionette giapponesi chiamato bunraku. Il pubblico diceva “Wow, stupendo, è così realistico. È incredibile come riescano a cambiare gli sfondi mentre i personaggi sono ancora sul palcoscenico!”. In quel momento mi si è accesa la lampadina. Invece di far muovere il personaggio nell’universo di gioco, il gioco si sarebbe mosso intorno a lui.

L’altro motivo che mi ha spinto a scegliere un teatrino (e anche questo è prettamente egoistico) è che quando torno a casa e voglio giocare, di solito trovo tutti a letto perché in Sony faccio le ore piccole. Quindi mi siedo sul divano per finire un livello e mi guardo intorno nella speranza che ci sia qualcuno pronto a dire “Guarda quant’è forte papà!”, e invece non c’è mai nessuno!

Con il teatrino delle marionette ho un pubblico virtuale. Ci sarà sempre gente pronta ad applaudire le mie imprese. Quando ti ficchi in una situazione difficile, fa piacere vedere il pubblico che reagisce agli eventi sullo schermo. Come giocatore, è più avvincente.

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Gavin Moore Direttore di Puppeteer director mostra alcuni prototipi di marionette

Ha detto che al giorno d’oggi non esistono molti giochi specifici per bambini. Come mai, secondo lei?

Credo che questa carenza sia dovuta al fatto che le aziende maggiori non lo considerano un mercato proficuo. Ritengono che i bambini non abbiano abbastanza soldi per andare a comprare un videogioco. Se però un genitore vuole comprare un gioco a un bambino e vuole condividere il proprio hobby… beh, credo che le aziende abbiano sottovalutato questo aspetto.

Indirizzano i loro giochi a un pubblico che va dai 15 ai 25 anni e questo mi sta anche bene, però… io ho iniziato a giocare 30 anni fa e adesso ho un figlio. Non ho abbandonato i videogiochi e credo ci siano ancora un sacco di mamme e papà che adorano giocare e vorrebbero farlo insieme ai loro figli. Secondo me è un mercato con un gran potenziale.

Che cosa può determinare il successo di un videogioco per bambini?

Qualcosa di misterioso. Credo che i bambini abbiano più fantasia dei genitori e degli adulti che li circondano. Non bisogna limitarsi soltanto a cavallini e fiori. Possono essere un po’ spaventosi, leggermente tetri. Pensiamo alle favole classiche per bambini come le Fiabe dei fratelli Grimm. Quelle sì che mettono paura! Ci sono lupi che mangiano bambini!

Secondo me devono avere un elemento di suspense e far ridere senza sottovalutare l’intelligenza dei più giovani. Noi adulti crediamo di saperla lunga, ma i bambini ci osservano e pensano che non sia affatto così.

Come si può avere la certezza che il gioco sia apprezzato anche da un pubblico adulto?

Va progettato su due livelli. Non bisogna sottovalutare i bambini, ma nemmeno gli adulti. Quindi Puppeteer per i bambini resta una favola un po’ spaventosa e potrebbero non comprenderne tutta la comicità, mentre un giocatore di 25 anni potrebbe godersi ogni sfumatura.

Inoltre, come progettista di videogiochi vorrei inviare un messaggio a tutti: i videogiochi non sono stupidi. A volte la gente commenta “Oh, quello sarebbe il tuo hobby?”, senza rendersi conto che i giocatori sono persone istruite, di una certa cultura, e non vanno sottovalutati.

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Concept art e post-it ricoprono i muri degli studio di Puppeteer

Questo è tutto, per il momento, ma tornate a visitarci la settimana prossima per scoprire insieme a Gavin la portata del gioco, le modalità multigiocatore e l’uso del 3D stereoscopico.

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