Frictional Games ci spiega come restare in vita e al sicuro in questo nuovo capitolo della serie horror.
Quando Frictional Games era ancora agli inizi con lo sviluppo dei primi giochi, sapevamo già di voler creare esperienze horror immersive. Abbiamo inserito tutto quello che ci veniva in mente: rompicapi, fisica, combattimento, scene oniriche inquietanti… chi più ne ha, più ne metta. Chi di voi ha giocato a Penumbra: Overture ricorderà molto bene questi elementi. Ora, con il lancio di Amnesia: The Bunker alle porte (in arrivo su PS4 il 6 giugno), volevamo ripercorrere un po’ il passato per vedere come abbiamo affinato la nostra strategia e il nostro approccio ai giochi.
La vera svolta è arrivata con Amnesia: The Dark Descent. Abbiamo iniziato a focalizzarci su aspetti cruciali che hanno reso molto più coinvolgente l’avventura. Il combattimento e tutti gli altri elementi che non contribuivano direttamente all’esperienza horror sono stati tagliati. In questo modo, i giocatori hanno iniziato a notare più elementi dell’ambiente, ritrovandosi maggiormente coinvolti. Un semplice effetto sonoro, ad esempio, poteva suscitare reazioni intense, facendo scappare e nascondere i giocatori. Gli utenti hanno iniziato a farsi prendere dagli avvenimenti in un modo che non avevamo mai visto prima.
Uno dei pochi spazi relativamente sicuri in Amnesia: The Bunker, l’ufficio dell’amministrazione. Controllate bene la mappa: pianificare la prossima mossa è essenziale per sopravvivere.
Questa rivelazione ci ha fatto capire che potevamo usare queste tecniche per alimentare la narrazione in modi nuovi. Al tempo, pochissimi giochi lo stavano facendo e sentivamo di poterci spingere oltre il limite. Ed è così che è nato SOMA. Ci siamo chiesti: invece di spaventare i giocatori e basta, è possibile suscitare un coinvolgimento analogo in tematiche più complesse? Nel caso di SOMA è diventato: è possibile far mettere loro in discussione la natura stessa della coscienza? E dopo cinque anni di lavoro… a quanto pare, si poteva.
In Amnesia: The Bunker, il revolver viene usato per aprire un lucchetto sparando, dimostrando che ha altri usi oltre a essere una semplice arma.
Poi abbiamo puntato a rendere il nostro studio un’operazione da due progetti, dividendo il nostro team. Un gruppo lavorava su Amnesia: Rebirth, dove abbiamo tentato di intrecciare maggiormente azioni di gioco e narrativa, inserendo meccaniche (come simulare un massaggio alla pancia) che avessero implicazioni significative sulla storia. Siamo stati felici del risultato, ma potevamo spingerci oltre. Un chiaro segnale di questo aspetto è che, appena gli utenti arrivavano a conoscere il gioco, affrontavano ogni sezione in maniera prevedibile. L’esperienza non era abbastanza innovativa e non valorizzava i giocatori.
L’accendino. Un oggetto molto importante usato per creare vari oggetti, tra cui una torcia da usare per scacciare i ratti.
Quando è uscito Rebirth e il nostro altro progetto, chiamiamolo “Progetto super segreto”, era ancora in corso, Fredrik Olsson, che era il direttore creativo di Rebirth, ha proposto un concetto semplice: perché non creiamo un mostro, diamo una pistola al giocatore e li piazziamo in un mondo aperto? Era un’impresa più piccola e precisa che potevamo finire prima del Progetto super segreto. E così è nato Bunker.
L’idea di base si allontana molto dai nostri giochi più recenti, ma se consideriamo le nostre origini con Penumbra: Overture, non è poi così diverso. In Overture i giocatori affrontavano i mostri molto liberamente, usando armi, piazzando trappole e dando fuoco alle taniche. The Bunker punta a fare lo stesso, ma alzando il livello.
Concept del revolver, la prima arma da fuoco utilizzabile in un gioco di Frictional Games.
Più o meno nello stesso periodo in cui The Bunker veniva ideato, era sempre più palese che il Progetto super segreto non stesse andando nella direzione giusta. Era troppo lineare, non abbastanza aperto. Ispirati da The Bunker, abbiamo deciso di indirizzare anche questo progetto verso una direzione più aperta e focalizzata sull’esperienza di gioco.
Quando non si ha scelta, usare la forza bruta per entrare può essere l’unica soluzione. Attenzione, però, questo metodo è molto rumoroso e potrebbe attirare attenzioni indesiderate.
Come studio incentrato sulla narrativa, cerchiamo di creare storie in cui i giocatori si sentano partecipanti attivi: è una componente fondamentale del nostro DNA. Il filo conduttore di tutti i nostri giochi è l’esplorazione di qualcosa (che sia la natura della mente o l’esperienza della gravidanza) da un punto di vista dinamico e in prima persona. The Bunker doveva rispettare questa filosofia nonostante i limiti di tempo e di risorse del progetto. Abbiamo optato per una narrativa più semplice e diretta: “La Seconda guerra mondiale è in corso. Sei un soldato intrappolato in un bunker e una bestia letale è in agguato nell’ombra. Scappa!” Il gioco è interamente dedicato a raccontare questa idea nel modo più efficace possibile. Sebbene non sia complesso come i capitoli precedenti, è comunque un’esperienza incentrata sulla storia.
Questo aspetto traccia una traiettoria completamente nuova per il nostro studio. Oppure, per essere più precisi, ci fa ritornare su un sentiero già battuto in passato, approfondendolo ed espandendolo ulteriormente. A partire da Amnesia, abbiamo iniziato a togliere elementi di gameplay per vedere quanto lontani saremmo riusciti a spingerci con questo approccio. Ora vogliamo tenere in primo piano i sistemi, le meccaniche e il libero arbitrio dei giocatori. Siamo curiosi di vedere a che punto possiamo spingerci. The Bunker è un primo passo alquanto intrigante, essendo comunque un progetto contenuto e con un’esperienza molto specifica in mente.
Assicuratevi che il generatore abbia abbastanza carburante. Tenere accese le luci e attiva l’elettricità è il modo migliore per sfuggire al mostro. Al buio, il bunker diventa un luogo ancora più pericoloso.
Nonostante sia piccolo e specifico, ciò non significa che il suo sviluppo sia stato una passeggiata, anzi. Si sono presentate molte sfide interessanti durante il processo. Per esempio, la natura aperta del gioco implica che ci sono molti modi diversi per attraversare le porte. Nei nostri giochi precedenti, passare attraverso una porta poteva avvenire solo con una o massimo due soluzioni accuratamente programmate in precedenza.
In The Bunker ci limitiamo ad assegnare determinate proprietà alle porte, forniamo degli strumenti e poi lasciamo che siano i giocatori a capire come fare. In un gioco dove l’intenzione è curare un’esperienza olistica precisa, si tratta di un aspetto delicato da gestire. Ci sono dei principi di livello più alto, e ciò deve verificarsi indipendentemente da come gli utenti scelgono di giocare. Alcune soluzioni prevedono di rendere questi elementi più incentrati sul sistema (ad esempio, dei cambi di comportamento del mostro) o piazzare gli ostacoli in un modo per cui ci sarà sempre una strategia per superarli, a prescindere dagli strumenti a disposizione.
Sarà davvero interessante vedere il modo in cui i giocatori si approcciano al gioco. Abbiamo già imparato molte cose che incorporeremo nel nostro prossimo progetto e sicuramente emergeranno altri punti validi dopo il lancio. Non vediamo l’ora che proviate The Bunker, non solo perché è una novità, ma anche perché rappresenta il primo passo del nostro studio in una nuova direzione.
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