La storia dietro l'uscita della prossima settimana, in cui dovrai affrontare macchine letali
Come fai a proporre a un grande publisher un titolo ispirato al giocare alla guerra fra bambini nella Svezia rurale degli anni ’80? La risposta è semplice: non lo fai. Ci sarebbero troppi rischi nel proporre un gioco così di nicchia a un pubblico mainstream. Ma farlo sviluppare da uno studio svedese in completa autonomia? Beh, ha senso eccome!
Quando io e Tobias (Executive Producer) iniziavamo a decidere come proporre il gioco, ci siamo resi conto che saremmo riusciti a mettere insieme un team affiatato, che fosse stimolato dal lavorare a qualcosa di così legato ai luoghi natii.
Anche se l’idea aveva preso forma sul finire degli anni ’80, nascosti sotto i rami di un albero, prendendo di mira nemici immaginari con un fucile di legno (reso più realistico dall’impiego di chilometri di nastro adesivo nero preso in “prestito” da nostro padre), Generation Zero è nato ufficialmente durante lo sviluppo di Hunter: Call of the Wild.
Dopo molti anni dedicati alla lavorazione di titoli tripla A con ingenti budget, come Just Cause e Mad Max, Call of the Wild è stata un’esperienza nuova ed eccitante per Avalanche. Come titolo completamente auto-pubblicato, abbiamo usato la stessa tecnologia e l’esperienza acquisita lavorando ai tripla A per dare la possibilità a un team relativamente piccolo di creare il simulatore di caccia più coinvolgente di sempre.
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Mentre lavoravamo al gioco di caccia, ci siamo resi conto di essere in grado di creare ambienti e meccaniche che potevano rivaleggiare facilmente con quelle presenti in esperienze più mainstream.
Avevamo creato meccaniche d’azione stealth particolarmente avanzate e giocando con l’idea di trasformare il ruolo del giocatore da cacciatore a preda, la visione d’insieme si è concretizzata.
Le foreste e i campi di Call of the Wild erano identici alla campagna dove sono cresciuto, e mi avevano fatto tornare in mente i miei giochi d’infanzia. La meccanica d’azione stealth era perfetta per un gameplay basato sulla guerriglia e i sistemi di simulazione animale di Call of the Wild sono alla base di quelli utilizzati per i minacciosi abomini meccanizzati di Generation Zero.
Le macchine ci hanno aiutato a raccontare la poco conosciuta situazione della Svezia durante la guerra fredda, lo stesso periodo in cui noi ci ritrovavamo a giocare a fare la guerra nei boschi da bambini.
Ma i rischi restavano molto concreti. Come avrebbe reagito il pubblico internazionale a un gioco ambientato in Svezia? I nostri fan esistenti avrebbero apprezzato un gioco d’azione di guerriglia meno frenetico, dopo essere passati da un’esplosione all’altra con rampino e paracadute nei giochi della serie Just Cause? Un team di piccole dimensioni (circa 30 persone) sarebbe riuscito a creare un gioco di fascia media in un tempo relativamente breve, in grado di competere nell’affollato panorama dei battle royale e dei giochi survival con zombi?
Durante lo sviluppo, era chiaro però che era la passione a trainare questo progetto. Come afferma Mark Twain: “Scrivete di ciò che conoscete”. Trattando qualcosa di così vicino alle nostre esperienze e affidandoci ai ricordi e alla nostalgia, credo che siamo riusciti a creare qualcosa che persino chi non è cresciuto nella Svezia degli anni ’80 percepirà come autentico. Ora siamo finalmente pronti a farlo giocare ai gamer di tutto il mondo.
Anche se, a dirla tutta, il lancio non è che l’inizio. Questo è un gioco che continueremo a supportare per molto tempo, e non vediamo l’ora di continuare a svilupparlo insieme ai nostri giocatori.
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