La creazione di Karnaca in Dishonored 2: Los Angeles incontra l’Isola del Teschio

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La creazione di Karnaca in Dishonored 2: Los Angeles incontra l’Isola del Teschio

Il direttore artistico di Arkane racconta la nascita della nuova città di Dishonored 2 e dei suoi abitanti.

Parlare di Dishonored comporta l’affrontare temi legati all’arte e allo stile. Derive steampunk. Costruzione del mondo evocativa. Un mondo sempre più grande e più ricco in questo seguito, con Arkane che punta i suoi riflettori sulla città costiera di Karnaca.

Permane un approccio visivo di grande impatto, rinvigorito da un nuovo motore grafico. E, come per la Dunwall dell’originale, lo studio di sviluppo ha tratto ispirazione dal mondo reale, con i suoi problemi e i suoi abitanti.

Sono state scritte complesse storie sulla creazione della città e sulle vite multigenerazionali dei suoi abitanti. Cronache di sofferenza vi attendono a ogni angolo delle strade, una vita di disperazione crescente percepita attraverso le chiacchiere dei paesani.

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La grande città sembra viva e pulsante, come se vivesse al di fuori dei confini della missione del giocatore. Quando la storia principale avrà fine, quella di Karnaca continuerà.

Qualche ora prima del suo intervento all’EGX di quest’anno, il direttore artistico di Dishonored Sebastien Mitton ha parlato con noi del suo ruolo di architetto in questo seguito.

C’è qualcosa di Dishonored 2 derivato dal ciclo di produzione del primo titolo?

Sebastien Mitton: la prima vera discussione con Harvey Smith, il direttore creativo, ha avuto luogo quando stavamo lavorando al primo gioco in vista dei DLC. Volevo raggiungere i confini del mondo. Il desiderio era di viaggiare da Dunwall verso un’altra città, per creare un contrasto e offrire ai giocatori la sensazione di aver viaggiato davvero.

C’è stato un momento simbolo di questo tuo desiderio?

Ricordo una conversazione con Victor Antonov (progettista di Dishonored). Abbiamo parlato di Los Angeles. Aveva vissuto lì per otto anni e parlava di una città pervasa dalla follia. Questa sensazione l’ho applicata a Karnaca.

In Dishonored 2, gli abitanti di Morley giunsero in quel luogo e cominciarono la deforestazione per fare spazio a una città. Ben presto, gli abitanti di altre zone raggiunsero le miniere d’argento in cerca di fortuna. Compresero che non sarebbero stati pagati abbastanza, ma ormai non potevano più tornare indietro. Dovevano continuare a lavorare in miniera.

Perciò, l’impatto visivo è certamente importante, ma anche gli abitanti sono protagonisti.

E anche se in gioco non si vedrà, esiste una sorta di mappa o schema dei vari quartieri?

Esattamente. La città esiste. E noi giochiamo in questo luogo perché è bellissimo.

Esiste una sorta di enciclopedia interna che racconta la storia della città? Questa finzione vi limita in qualche modo nella creazione di uno stile di gioco o di una storia?

Ci adattiamo. Noi di Arkane ci sentiamo particolarmente versatili. Abbiamo una storia del mondo, una linea temporale stabilita da Harvey e Sachka Duval. È possibile tornare indietro di migliaia di anni. Abbiamo file 3D della città che contengono tutto. Le informazioni non mancano.

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Un esempio: Karnaca ha questo canyon gigante. L’isola è divisa in due. L’ispirazione è Panama. La gente di Gristol, l’isola che ospita Dunwall, qui dà la caccia alle balene. Ma come fanno a riportarle a casa? Il giro è molto lungo. Perciò il canyon è dotato di chiuse affinché le navi riescano a passare. Questo nel gioco non si vede, ma si vede sulla mappa. Ci sono vari luoghi simili: visibili, ma non visitabili.

Parliamo di moda. La storia ha luogo dieci anni dopo gli eventi originali. Questo ha avuto un impatto sull’abbigliamento dei personaggi?

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Il divario temporale è stato relativamente cruciale, fondamentalmente perché l’ambientazione si è spostata a Karnaca, dove vanno di moda abiti leggeri, colori brillanti e sfumature vivaci. È qui che siamo intervenuti. Alcune persone vanno in giro sbracciate, rivelando il segno dell’abbronzatura una volta tolta la maglia.

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E non si è trattato di lavorare soltanto sui vestiti o sui tatuaggi. Anche il linguaggio del corpo è stato sviscerato. Il modo in cui si muovono, la loro postura.

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Una rapida occhiata e puoi intuire la storia personale di un abitante.

E questo è importante per lo studio delle proprie strategie. Basta un’occhiata all’atteggiamento ed è possibile intervenire di conseguenza. Non abbiamo dovuto rappresentare certi personaggi attraverso tratti visibili e distintivi per capire chi siano. Si tratta di un approccio più raffinato.

Ci sono un luogo o uno scorcio che preferisci?

Ce ne sono tanti, ma uno mi colpisce in particolare. Sei a bordo di una barca e davanti hai la baia. Puoi vedere Karnaca. Sembra una cartolina, ma non lo è, perché una cartolina sottintende la voglia di recarsi in quel luogo per trascorrere una vacanza. E qui si insinua la sfida concettuale. OK, è la cartolina di una città, ma c’è qualcosa di strano. C’è il sole, ma piove. Si vede della polvere salire dal canyon. Si percepisce un senso di mistero. Un po’ come mischiare l’isola di King Kong e Los Angeles. Non sai se quel posto è sicuro o no. L’intenzione è precisamente questa.

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Quante ricerche avete svolto?

Per la creazione di Dunwall abbiamo trascorso parecchio tempo a Londra. Questa volta, io e il team siamo stati a Long Beach in tre momenti diversi, per la sua luce. È diversa da ogni altro luogo, paragonabile forse all’India. Non ci sono mai stato, ma ho visto foto di amici che l’hanno visitata. Il sole, l’atmosfera… erano spettacolari. Abbiamo scattato tantissime foto. E hanno avuto un grande impatto sull’aspetto di Karnaca.

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