E’ sempre un piacere ospitare sulle pagine italiane Fred Dutton, Blog Manager di SCEE.
Fred ha intervistato per noi Jason Mc Donald e Mark Simon di Santa Monica Studios. Il tema della loro chiacchierata? God of War: Ascension, ovviamente.
A pochissimi giorni dall’uscita di God of War: Ascension vi regaliamo questo trailer che racchiude quelli che, a nostro giudizio, sono i 5 momenti più epici della saga di God of War. Dategli un’occhiata:
Questa settimana abbiamo scambiato due chiacchiere con il capo progettista dei combattimenti Jason McDonald e il responsabile del game design Mark Simon. Il nostro obiettivo? Scoprire come siano riusciti a infondere nuova freschezza nella formula di una saga giunta ormai al sesto capitolo, e comprendere quali sfide abbia presentato l’introduzione di una modalità multigiocatore.
La prossima settimana, prima che l’ultimo gioco d’azione di Santa Monica invada i negozi il 13 marzo, ci immergeremo in un ricco “dietro le quinte” in compagnia di Todd Papy, direttore dello sviluppo del gioco. Nel frattempo, sotto con Mark e Jason…
Per realizzare Ascension avete dovuto elaborare un prequel rispettando la trama dei precedenti God of War. È stato complicato?
Mark: In realtà è stato uno spasso. Al termine di God of War 3, Kratos è totalmente in preda alla collera. Ha finalmente compreso il senso della sua esistenza. Ascension ci ha permesso di esplorare un periodo diverso, l’epoca in cui Kratos non era ancora diventato il personaggio che conosciamo. Abbiamo potuto sfruttare un orizzonte più ampio, affrontando aspetti inediti della sua personalità. Scoprirete cosa l’ha trasformato nell’uomo che è ora, come ha perso la ragione e in che modo tutto questo sia collegato alla rottura del vincolo con Ares.
Se dovessimo rappresentare la rabbia di Kratos con un grafico, direi che la vedremmo crescere dal “seriamente inalberato” di God of War 1 al “concentrato di furia” di God of War 3. Dopo aver provato Ascension, tuttavia, posso confermare che Kratos sembra furibondo anche all’inizio di questo prequel. Perché?
Mark: Ovvio che è furibondo, ma questo è dovuto alla tecnica con cui viene raccontata la storia. L’approccio non è diverso da quello del film The Millionaire o di opere simili. Le prime fasi del gioco non corrispondono all’inizio della storia. La trama si sviluppa in modo non lineare e svela gradualmente gli eventi che hanno condotto Kratos nella prigione, spiegando solo in un secondo momento perché sia stato trascinato lì dalle Furie.
Cosa accadrà quando non avrete più nuove divinità della mitologia greca da contrapporre a Kratos? Non vi siete mai posti questo problema?
Mark: Ogni capitolo è una nuova sfida, ma la mitologia greca è straordinariamente vasta e variegata. Anche volendo, non riusciremmo mai a sfruttarne ogni singolo aspetto. Non ci sentiamo limitati, al contrario: cercare nuove fonti d’ispirazione ed esplorare nuove divinità, nuovi titani o nuovi scenari è un’esperienza entusiasmante.
Prendete le Furie. Sono entità primordiali. Sono molto più antiche degli dei, oltre che straordinariamente più possenti. Alcune delle loro abilità mostrano una potenza ai limiti della follia. Sono nemesi perfette per Kratos.
Nel team avete un esperto che trascorre le giornate a studiare le opere di Omero alla ricerca di nuovi miti e personaggi da inserire nei giochi?
Mark: L’aspetto più straordinario del nostro studio è che alcune idee vengono dal direttore dello sviluppo, ma molte altre sono proposte dal resto del team. Capita che qualcuno se ne esca con un “sapete cosa sarebbe eccezionale?”. Subito scatta una sessione di brainstorming e, prima ancora che ce ne rendiamo conto, l’idea fa parte del gioco. È questa la qualità più fenomenale del nostro studio: tutto e tutti possono produrre idee.
Jason: D’altra parte, guardate una qualsiasi scrivania dei nostri uffici e troverete libri sulla mitologia greca, materiale vario sulla Grecia e così via. Spesso facciamo riferimento a questo genere di fonti, quindi dobbiamo averle sempre a portata di mano.
Mark: Per non parlare dei film! Immortals, Gli Argonauti, tutti quanti. Non sono mai troppi per noi!
Quindi non organizzate mai viaggi aziendali in Grecia per raccogliere le fonti sul campo?
Jason: No, ma dovresti consigliarlo alle alte sfere!
Mark: Giusto. Magari a Santorini. È un’isola famosa per la sua mitologia, no?
Ogni singolo God of War è stato affidato a un diverso direttore dello sviluppo. Come riuscite ad assicurare la coerenza necessaria tra i vari episodi?
Jason: Anche se i direttori dello sviluppo cambiano di capitolo in capitolo, il cuore del team resta sempre lo stesso. Molti di noi hanno lavorato a tutti i giochi della saga. Il ruolo di direttore dello sviluppo viene affidato a persone esperte e competenti, quindi non sentirete mai cose come: “Oddio, e adesso?”. Tutti sanno esattamente cosa devono fare e ogni direttore dello sviluppo aggiunge al gioco il suo tocco personale. Per esempio, Todd Papy [direttore dello sviluppo di Ascension] era un progettista, quindi in questo capitolo ha seguito più da vicino lo sviluppo delle meccaniche.
Mark: Io credo che, dopo un progetto di queste dimensioni, con obiettivi di questa portata, possa essere persino utile un approccio di questo genere: “Sapete cosa? Se il direttore dello sviluppo vuole passare a occuparsi di altro, può farlo tranquillamente”. Il nostro team è pieno di figure di riferimento. Di conseguenza, se un direttore dello sviluppo decide di non ripetere l’esperienza per il progetto successivo, abbiamo parecchie persone pronte a dare una mano.
La serie è celebre per la sua violenza viscerale e ho già potuto ammirare diverse uccisioni brutali in Ascension. Durante lo sviluppo c’è mai stato un momento in cui vi siete detti: “Ok, questa volta abbiamo esagerato”?
Mark: Ci siamo concentrati molto sul realismo degli impatti. Se stringi una mazza e colpisci un nemico, devi avere la netta percezione di averlo appena colpito con una mazza. In caso contrario, tutto sembrerà costruito, poco verosimile. Noi non vogliamo produrre un effetto simile: vogliamo che il giocatore abbia davvero la sensazione di colpire qualcuno in testa. Ci affidiamo ai suoni, alla risposta dei modelli… Puoi rifletterci quanto vuoi, ma è l’unico modo per rendere uno scontro corpo a corpo.
Ascension introduce diverse innovazioni alla tradizionale formula di God of War. Qual è quella di cui siete più soddisfatti?
Jason: Uno dei nostri fiori all’occhiello è il sistema di meccaniche basate sull’ira. Ogni singolo giocatore può sfruttarlo in modo diverso ed è esaltante constatare come i vari elementi si siano combinati alla perfezione. Lo stesso vale per la modalità multigiocatore: è ben bilanciata, è divertentissima e dà vita a un’esperienza unica. Sono molto fiero del fatto che siamo riusciti a implementarla nel gioco.
Com’è nata l’idea di introdurre una modalità multigiocatore?
Jason: Non ricordo di aver sentito gridare: “È arrivato il momento del multiplayer! Facciamolo!”. Piuttosto, c’era grande curiosità al riguardo. Non avevamo mai provato a sviluppare una modalità multigiocatore, quindi ci chiedevamo: “È fattibile? Possiamo riuscire a renderla divertente?”.
Dato che il personaggio era già pronto, abbiamo azzardato alcuni test usando solo Kratos. Ci siamo trovati di fronte a persone che si sedevano, si lanciavano in scontri con due Kratos e si divertivano un sacco. Restavano a giocare per ore. Tutto era ancora grezzo e confuso, ma i feedback positivi ci hanno convinto ad approfondire la questione. Fatto il primo passo, non ci restava che trasferire nel multigiocatore l’essenza propria di God of War. Volevamo assicurarci che il risultato fosse all’altezza delle aspettative, senza che tutto si limitasse a otto giocatori chiusi in un’arena a combattersi l’un l’altro. Abbiamo sviluppato modelli e progettato regole che scongiurassero ogni rischio di ripetitività.
È stato difficile regolare il bilanciamento degli scontri?
Mark: Devi sempre iniziare con qualcosa di molto semplice: un combattimento tra giocatori. Poi cominci ad aggiungere nuovi elementi ed esamini i problemi di bilanciamento che ogni novità comporta, cercando disperatamente di risolverli prima di sviluppare nuove idee. È così che ci siamo organizzati. Non abbiamo provato a introdurre tutto sin dall’inizio.
La beta è stata utile? Il comportamento dei giocatori vi ha colti di sorpresa?
Mark: Abbiamo imparato moltissimo dai dati raccolti. Io continuavo a ripetere cose come “non riesco a credere che questo tizio abbia aperto 17 scrigni” o “davvero ha ucciso tre avversari insieme?!”.
Inoltre, mi ha molto sorpreso la risposta a elementi che io ritenevo fantastici. Per esempio, credevo che i giocatori avrebbero apprezzato il momento in cui il dio scaglia una lancia sull’arena durante il match. Tutti i giocatori avrebbero visto la stessa sequenza animata e si sarebbero goduti un vero e proprio spettacolo nel corso della partita.
Credevo che avrebbero apprezzato. E hanno apprezzato… la prima volta. Ma non la seconda o la terza. Abbiamo capito che i giocatori volevano restare concentrati sull’azione e, una volta concluso il match, pensavano soltanto a rituffarsi nel vivo dello scontro. Di conseguenza, abbiamo deciso di eliminare il filmato per non interrompere l’azione. La beta si è rivelata davvero utilissima per questo genere di feedback.
Per finire, devo chiedervi un commento sul recente annuncio di PlayStation 4. Che idea vi siete fatti?
Jason: Siamo entusiasti! Un salto generazionale simile non si vede tutti i giorni, quindi il nuovo hardware ci ha mandato letteralmente su di giri. In particolare, abbiamo apprezzato i nuovi aspetti legati alla socialità. Sarà una console incredibilmente potente e potremo contare su artisti e ingegneri di prim’ordine per sfruttare tutto il suo potenziale, ma gli elementi social sono il vero piatto forte. Il mondo dei videogiochi si sta muovendo proprio in quella direzione, quindi c’è sempre bisogno di nuove funzionalità che permettano agli utenti di giocare insieme.
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