
Gli sviluppatori di Naughty Dog festeggiano e riflettono su ciò che hanno appreso creando il remake di un classico molto amato.
Se vi venisse data la possibilità di migliorare ciò che molti considerano la perfezione, come agireste? Questa è la domanda che Naughty Dog si è posta al momento di ricreare The Last of Us, il classico per PlayStation 3. Questa prospettiva ha lanciato al noto sviluppatore una delle sue sfide più difficili: incorporare tutti i miglioramenti creativi e tecnici appresi nel corso della quasi quarantennale carriera dello studio. Con aspettative del genere, sia all’interno che all’esterno di Naughty Dog, il team ha cercato di fare ciò che sa fare meglio: superarle.
I vari team dello studio hanno illustrato nel dettaglio i cambiamenti che si potranno sperimentare nel gioco con un estensivo approfondimento di sviluppo che riguarda le animazioni dei combattimenti, l’illuminazione, l’audio e altro ancora. Oggi, mentre il titolo viene lanciato in tutto il mondo, i membri di quei team riflettono sul modo in cui hanno scelto di rispondere a quella domanda e sul significato che ha avuto per loro come artisti.
Il principio guida
“Come possiamo prendere il gioco più amato che abbiamo mai realizzato e ricostruirlo?” Questa è la domanda che Shaun Escayg, direttore creativo e autore di Naughty Dog, si è posto insieme al team. La sua personalissima filosofia è diventata un pilastro fondamentale sin dall’inizio: “L’abbiamo ampliato. Ci siamo concentrati su aree che pensavamo avrebbero accresciuto l’esperienza di gioco o approfondito la narrazione. In questo progetto abbiamo riversato tutte le nostre capacità e competenze. Basta reimmaginare tutto, esaltare ogni momento e far sì che i giocatori lo trovino plausibile. Questo era l’obiettivo, il nostro principio guida e allo stesso tempo la sfida che ci siamo posti”.
Questa è stata la Stella polare seguita da Naughty Dog quando ha letteralmente smontato e ricostruito The Last of Us per una nuova generazione di hardware. Ogni team coinvolto in questo remake ha dovuto affrontare sfide enormi e ha utilizzato un approccio differente per fronteggiarle.

Enfatizzare le emozioni con la luce
Per il direttore artistico, Erick Pangilinan, e i reparti visivi si è trattato di un viaggio a ritroso fino al 2013, comprensivo di uno studio approfondito del gioco originale.
“Abbiamo cercato di identificare le scene, le trame e gli eventi più importanti del titolo su cui concentrarci per assicurarci di massimizzare l’impatto nel gioco”, spiega Pangilinan. “Dare la giusta priorità e capire come ritmare tutti questi momenti importanti è la prima cosa da fare, così da analizzare meglio il gioco originale e comprenderlo appieno. A quel punto si può iniziare a formulare il modo per enfatizzare il tutto. Quali sono le lezioni che abbiamo imparato realizzando The Last of Us Part II e come possiamo applicarle a qualcosa che abbiamo pubblicato dieci anni fa?”
“Quali sono le lezioni che abbiamo imparato realizzando The Last of Us Part II e come possiamo applicarle a qualcosa che abbiamo pubblicato dieci anni fa?”
– Erick Pangilinan, direttore artistico

Molti membri dei team coinvolti nel progetto raccontano di come il loro processo abbia comportato innumerevoli confronti fianco a fianco, per mantenere la ricostruzione fedele all’originale. Il concept artist Sebastian Gromann ha spiegato che la sfida del team consisteva in ben più che limitarsi alla semplice corrispondenza 1 a 1 o all’upscale delle immagini originali. L’analisi delle scene tagliate, l’individuazione degli snodi narrativi e la comprensione del loro significato sono stati tutti elementi fondamentali. Questo ha portato naturalmente alla domanda: “Come possiamo applicare quanto appreso per enfatizzare [quei momenti]?” Ciò può significare studiare una schermata, capire il momento della giornata della scena, come e quale ruolo ha avuto l’illuminazione e applicare tecniche moderne.
“Se la scena è incentrata sulla tensione durante un momento ricco di pathos, potremmo diminuire il riempimento e aumentare la luce chiave”, spiega Gromann. “Poi potremmo cambiare leggermente gli slider per spingere un po’ di più sulla risposta emotiva.”
Rimodellare un paesaggio sonoro iconico per l’audio 3D
Per quanto riguarda il sonoro, il direttore audio, Neil Uchitel, ha spiegato come l’estrazione del dialogo e dei suoni dal gioco originale abbia permesso al team di mantenere i suoni familiari del mondo di The Last of Us e al contempo potenziare l’esperienza sonica per una console moderna. Ciò ha richiesto nuovi sviluppi sia creativi che tecnologi che, in alcuni casi, sono andati oltre ciò che avevano realizzato con The Last of Us Parte II.
“In realtà abbiamo preso molti dei suoni originali di The Last of Us, perché molti di essi erano davvero iconici e non volevamo stravolgere completamente l’esperienza di gioco”, ha detto Uchitel. Mantenere le performance originali degli attori era essenziale per catturare quell’esperienza familiare per fan vecchi e nuovi. Tuttavia, Uchitel ha aggiunto che mentre le risorse erano “incredibilmente limitate” nella versione originale PS3/PS4, lavorare sulla PS5 ha offerto l’opportunità di espandere il panorama sonoro. E hanno aggiunto senza ombra di dubbio, espandendo grandemente l’atmosfera in tutti i livelli, usando il mormorio degli Infetti fa The Last of Us Parte II, nuove registrazioni per i potenziamenti del banco da lavoro e una marea di altre aggiunte e miglioramenti.
Dato che il motore audio precedente di Naughty Dog non era compatibile con le nuove funzionalità audio esclusive della PS5, come il chip dedicato SDP e l’algoritmo di lavorazione audio Tempest Engine, Uchitel spiega, “I nostri programmatori audio hanno passato più di un anno a rifattorizzare il nostro motore audio per poter sfruttare queste nuove funzionalità. [Inoltre] abbiamo cambiato i processi di mixaggio e masterizzazione, che conferiranno al gioco un livello di fedeltà e di chiarezza molto più elevato.”

Definizione dei limiti personali
Simili modifiche e rinnovamenti ai tool si sono verificati durante tutta la produzione, dall’estetica all’animazione, passando per i combattimenti. Il team però ha dovuto anche imparare, per così dire, la moderazione. Naughty Dog si è spinta in avanti, pur assicurandosi di fissare dei limiti per questo progetto monumentale.
“Il problema non era il passaggio a un nuovo hardware”, ha dichiarato Pangilinan. “Il vero problema era assicurarsi che comprendessimo, o ricordassimo, la direzione artistica e lo scopo di ogni scena dell’originale. A volte ce ne dimenticavamo e apportavamo modifiche. Ciò però influiva sulle scene successive. Uno degli ostacoli principali è stato il doverci assicurare di non cambiare le cose così tanto da influire sull’esperienza di gioco delle persone che ricordavano l’originale.”
Parlando di questo remake, Christian Wohlwend, il designer del combattimento in mischia e non, ha dichiarato: “Sì, i remake sono difficili”. “Sono una specie di esercizio continuo per pazienza e autocontrollo. Rifare interamente un gioco non è così semplice come sembra, e viene spontaneo esagerare e aggiungere troppe cose. All’inizio ho pensato che avremmo avuto vita facile, ma poi ho capito che l’asticella si era alzata e, volendo, potevamo andare avanti senza fermarci mai. Invece occorre imporsi dei limiti dal punto di vista delle meccaniche.”
“I remake sono una specie di esercizio continuo per pazienza e autocontrollo… viene spontaneo esagerare e aggiungere troppe cose.”
– Christian Wohlwend, designer dei combattimenti

Il ritorno a The Last of Us ha avuto un grande peso emotivo per ogni persona che ha lavorato al gioco. Molti membri hanno condiviso la stessa sensazione, cioè il sentirsi straordinariamente orgogliosi del risultato e il non aver mai dubitato dell’elevato standard che il team aveva precedentemente stabilito.
Pangilinan racconta di come l’originale lo abbia spinto a innalzare il livello qualitativo del suo lavoro e di come sia stato felice di avere una seconda opportunità. Uchitel è davvero orgoglioso del team audio che Naughty Dog ha costruito nel corso degli anni e il livello di abilità raggiunto con il gioco l’ha sorpreso. L’animatore cinematico capo Eric Baldwin e il programmatore capo John Bellomy condividono l’ambizione loro e del team di assicurarsi che gli aspetti e i fattori più importanti in una ricostruzione di questo calibro fossero raggiunti.
Ma niente può riassumere The Last of Us Parte I come il pensiero del game director Matthew Gallant sul progetto nel suo complesso.
“Ho lavorato all’originale The Last of Us come nuovo membro del team. Ero una persona totalmente differente. Adesso invece sono padre e seguire tutto il percorso di Joel e assistere alle sue scelte alla fine del gioco… Mi dà una sensazione diversa rispetto a prima. Sono felice di poter riaffrontare il gioco, vedere le cose da un’angolazione nuova, con una prospettiva mai avuta prima e spero che anche altri possano condividere la stessa emozione o scoprire qualcosa di nuovo dopo tutti questi anni.”
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